Sindrome da compressione del nervo ulnare al gomito
(a cura del Dr.Luigi Grosso) – Tra le patologie da compressione di un nervo periferico quella dell’intrappolamento del nervo ulnare al gomito rappresenta una delle più frequenti collocandosi subito dopo di quella del nervo mediano (Sindrome Tunnel Carpale). Questa patologia fa parte del grande capitolo delle “Sindromi Canalicolari” intendendo, con questo termine, una sindrome nervosa periferica caratterizzata dalla condizione anatomica di scorrimento di un nervo all’interno di un tunnel il cui pavimento è di solito costituito da uno o più elementi ossei e il tetto è rappresentato da formazioni aponeurotiche e/o muscolari. Molti eventi traumatici – lievi o energici – possono essere causa di sofferenza del nervo lungo il suo decorso. Si passa da microtraumi ripetitivi come chi fa molto uso del cellulare con il gomito flesso e conseguente microcompressione del nervo al gomito (gomito del cellulare) oppure a macrotraumi come certi lavoratori, ad esempio il camionista, che guida con il gomito flesso e appoggiato alla portiera del veicolo (gomito del camionista)
Il Nervo Ulnare(NU) nasce dalle radici C8 e T1 del midollo spinale e in particolare dal tronco secondario del “plesso brachiale”. Insieme al Nervo Mediano e Nervo Radiale è uno dei maggiori nervi dell’arto superiore.
Tra le patologie da compressione di un nervo periferico quella dell’intrappolamento del nervo ulnare al gomito rappresenta una delle più frequenti collocandosi subito dopo di quella del nervo mediano (Sindrome Tunnel Carpale).
Questa patologia fa parte del grande capitolo delle “Sindromi Canalicolari”intendendo, con questo termine, una sindrome nervosa periferica caratterizzata dalla condizione anatomica di scorrimento di un nervo all’interno di un tunnel il cui pavimento è di solito costituito da uno o più elementi ossei e il tetto è rappresentato da formazioni aponeurotiche e/o muscolari.
Molti eventi traumatici – lievi o energici – possono essere causa di sofferenza del nervo lungo il suo decorso. Si passa da microtraumi ripetitivi come chi fa molto uso del cellulare con il gomito flesso e conseguente microcompressione del nervo al gomito (gomito del cellulare) oppure a macrotraumi come certi lavoratori, ad esempio il camionista, che guida con il gomito flesso e appoggiato alla portiera del veicolo (gomito del camionista). Queste circostanze fanno comprendere come il NU sia molto vulnerabile quando scorre nel tunnel a livello del gomito poiché si porta molto in superficie a livello sottocutaneo. Le sedi anatomiche maggiormente colpite sono, infatti, al gomito e al polso dando origine a due singolari patologie:
a) Sindrome del canale cubitale (al gomito)
b) Sindrome del canale di Guyon (al polso)
Una patologia da compressione del NU può svilupparsi in diverse sedi del suo tragitto, tuttavia quella più frequente avviene proprio a livello del gomito – il canale cubitale – quando il nervo ulnare scorre tra l’epitroclea e l’olecrano proprio quando diventa superficiale e sottocutaneo.
La storia della sindrome da compressione del nervo ulnare al gomito nasce nel 1978 quando J. Panas descrisse il primo caso pubblicando un articolo dal titolo: “Sur un cause peu conneu de paralysie du nerf cubital. Arch. Gen Med 2:5-22, 1878”.
Successivamente, nel 1898, B.F. Curtis effettuò il primo intervento di trasposizione anteriore descrivendolo in un articolo dal titolo: “Traumatic ulnar neuritis-transplantation of the nerve. J Nerv Ment Dis: 480-481, 1898”.
Bisognava attendere fino al 1958 perché fosse coniato il termine di “Sindrome del tunnel cubitale” per identificare le patologie del nervo ulnare non di origine traumatica in un articolo di Feindel W., Stratford J. “The role of the cubital tunnel in tardy ulnar nerve palsy, Can J Surg 1:287, 1958”.
Epidemiologia ed eziopatogenesi
L’età compresa tra i 50 e 70 anni è quella maggiormente colpita. Il sesso maschile è più esposto rispetto a quello femminile manifestandosi in epoca più giovanile 50-60 rispetto alle donne in cui compare verso i 60-70 anni.
Molte possono essere le cause responsabili di questa patologia; di seguito è riportato un elenco di quelle più comuni:
- Idiopatica
- Postraumatica (traumi diretti al gomito)
- Lavoro (microtraumi ripetuti)
- Instabilità del NU
- Valgismo del gomito
- Degenerativa(artrosi)
- Disordini metabolici ed endocrini
- Infezioni acute e croniche
- Patologie malformative
- Neoplasie e lesioni pseudotumorali
- Connettivopatie
Quella idiopatica rappresenta la causa più frequente, con una percentuale che ricopre circa il 50% dei casi mentre nel 30% sono per lo più di origine postraumatica e movimenti ripetitivi e nel restante 20% dei casi per altre origini.
La sindrome del tunnel cubitale può essere classificata in 3 categorie:
I. Da riduzione delle dimensioni della doccia epitrocleo-olecranica – fa parte di questa categoria l’artrosi grave del gomito con calcificazioni, la sclerosi del tetto fibroso della doccia, gli esiti di fratture e/o lussazioni del gomito esitate in callo osseo esuberante o in cattiva posizione, modificazioni congenite delle ossa del gomito, calcificazioni periarticolari.
II. Da abbondanza del volume del contenuto della doccia epitrocleo-olecranica– fa parte di questa categoria la formazione di tessuto neoplastico e tessuto anomalo come cisti e lipomi.
III. Da modificazioni secondarie ad eccessivo movimento del gomito e delle strutture legamentose – fanno parte di questa categoria la iperlassità legamentosa, modificazione dell’asse anatomico di tipo congenito e postraumatico.
La patologia si sviluppa per delle caratteristiche peculiari del NU a livello del gomito. Qui, infatti, il NU diviene molto superficiale poiché, dirigendosi in senso cranio-caudale verso la mano, decorre posteriormente all’epitroclea e medialmente all’olecrano in un tunnel anatomico di forma triangolare – tunnel cubitale – che è formato:
a)apice: legamento collaterale mediale, capsula articolare e olecrano
b)base: legamento di Osborne (legamento teso tra olecrano ed epicondilo mediale della paletta omerale)
Il legamento epitrocleo-olecranico ha delle variabili, infatti può essere:
a) Tipo 0: assente
b) Tipo Ia: velamentoso
c) Tipo Ib: fibroso
d) Tipo II: muscolare
Il tunnel è prevalentemente inestensibile, pertanto una modificazione del contenuto e/o uno dei suoi elementi determina una diminuzione del volume interno e conseguente sviluppo di una compressione del nervo.
Sintomatologia
L’espressione clinica della patologia è direttamente proporzionale al grado di avanzamento, pertanto si passa da uno stato iniziale, fase irritativa:
a) lieve sensazione di intorpidimento delle ultime dita della mano (anulare e mignolo)
b) lieve sensazione di parestesia (mutamento della sensibilità)
c) comparsa di dolore/bruciore sul lato mediale del gomito che si continua all’avambraccio fino alla mano, sempre medialmente.
Uno stadio intermedio, fase deficitaria:
d) una debolezza muscolare che ingravescente può produrre
e) impedimento nella presa di oggetti
Uno stadio finale, fase paralitica:
f) paralisi dei muscoli della mano
g) deficit motori gravi
h) atrofia muscolare
La sofferenza aumenta tenendo il gomito flesso ed è per questo motivo che i pazienti accusano difficoltà a tenerlo in questa posizione e, di conseguenza, difficoltà nel telefonare, guidare, mangiare, ecc. Può comparire anche una sensazione di freddo, sempre sul lato mediale dell’avambraccio e della mano.
Dal punto di vista clinico, è importante tener presente che gli stadi finali della malattia producono un’atrofia muscolare dell’eminenza ipotenar (lato mediale ventrale della mano) che può essere irreversibile mentre i primi due stadi della patologia possono ancora essere reversibili.
Classificazione
a) Classificazione di Mc Gowan (1950)
Grado I – lesioni minime : lievi ipoestesie, parestesie
Grado II – Lesioni intermedie: ipoestesie marcate, anestesia, analgesia, deficit motorio
Grado III – lesioni gravi: paralisi ed atrofia di uno o più muscoli intrinseci della mano
b) Classificazione di Dellon (1991)
Stadio I – lieve: parestesie intermittenti, debolezza soggettiva, Mc Kinnon test +
Stadio II – moderato: riduzione sensibilità, vibratoria, Ipostenia, Egawa +/-
Stadio III – severo: parestesie persistenti, Weber +, amiotrofia, Egawa +
Diagnosi
La diagnosi si avvale, come sempre, sia della clinica sia di esami strumentali specifici. L’esame obiettivo (EO) farà acquisire, oltre le informazioni a carattere generale:
- storia clinica
- forza muscolare
- modificazione della percezione termica, tattile e dolorifica
- alterazioni della muscolatura (ipotrofia/atrofia muscolare)
- segni di instabilità del NU al gomito
anche il riscontro di alcuni test specifici:
- Froment
- Egawa
- Mc Kinnon
- Valutazione FCU
- Valutazione FDP5°
- Tinel (sensibilità del 80% – positivo in caso di percezione di dolore e formicolio)
- Test d’iperflessione del gomito ( positivo in caso di percezione di dolore e formicolio)
La diagnostica strumentale prevede:
- Radiografia – da non trascurare per l’identificazione di pregressi eventi traumatici al gomito, patologia degenerativa (artrosi e/o osteofiti), studio anatomico delle congruenze articolari
- EMG (elettromiografia) e NG (neurografia) – indagine tra le più importanti e molto utile per stabilire e quantificare il danno di lesione del nervo ed il grado di sofferenza ma anche poter effettuare una diagnosi differenziale con analoghe patologie del tipo radicolopatia cervicale e neuropatia dismetabolica da diabete mellito
- Ecografia
- RM
- TC
Non va tralasciata la possibilità di identificare anche eventuali patologie associate come:
- la sindrome dello stretto toracico superiore, detta anche sindrome dello sbocco o dell’egresso toracico (Thoracic Outlet Sindrome – TOS) è una patologia solo apparentemente rara, che colpisce lo 0.3-2% della popolazione, prevalentemente giovanile;
- la sindrome del tunnel carpale (STC) nel 15% dei casi;
- le radicolopatie cervicobrachiali.
Terapia
Il trattamento differisce a seconda che la patologia è riconosciuta in una fase iniziale, intermedia o avanzata. Nel primo stadio la sintomatologia è molto modesta ed è ovvio che il trattamento è prevalentemente di tipo conservativo. S’intende, con questo termine, una terapia basata essenzialmente di:
- Terapia farmacologica (FANS, Acido α-Lipoico, L-Acetil Carnitina (LAC), Acido γ-Linolenico, Vitamina E, Vitamine del complesso B, Diuretici, Corticosteroidi a basso dosaggio)
- Terapia infiltrativa (associata a splint, non condivisa, risultati non dimostrati, danni iatrogeni)
- FKT
- Tutore di gomito (immobilizzazione del gomito)
- Correzione della postura (particolarmente indicata in soggetti con mansioni lavorative particolari)
Nei casi più avanzati, dove sussiste già una compromissione del nervo accertata o nei casi resistenti al trattamento conservativo, si rende necessario la terapia chirurgica.
L’intervento chirurgico ha lo scopo di liberare il NU dalla morsa che lo stringe nel tunnel cubitale e/o da altre cause di compressione esterna. Le tecniche chirurgiche sono:
1) Chirurgia artroscopica
2) Chirurgia con taglio della cute
Quella per via artroscopia si caratterizza per il fatto che viene utilizzata la metodica meno invasiva con piccoli accessi cutanei attraverso i quali si introducono gli strumenti
Quella chirurgica a cielo aperto prevede il taglio della cute e successivo approfondimento dei piani fino ad arrivare al piano nervoso.
Vi sono due possibilità di decompressione:
a) Neurolisi semplice (senza trasposizione del NU)
b) Neurolisi con trasposizione del NU
Successivamente all’intervento chirurgico si applica un bendaggio e, a seconda dei casi, anche un tutore per un periodo di tempo che il chirurgo ritiene più opportuno. Di solito varia da pochi giorni, 7-10 fino a 2-3 settimane.
Durante questo periodo sono consentiti esercizi di tonificazione muscolare e successivamente un graduale recupero del movimento del gomito con fisioterapia di potenziamento muscolare. (Medicitalia)