Riabilitazione dell’ equilibrio dopo Ictus

equilibrio1

Il miglioramento dell’equilibrio in seguito ad un ictus costituisce uno dei tasselli più importanti per completare il recupero della corretta funzionalità del cammino. La mancanza di equilibrio durante la deambulazione rende questa attività, oltre che rischiosa, anche non piacevole ed efficace come dovrebbe, generando inoltre paura.

Per affrontare il tema dell’equilibrio dovremmo chiederci se si tratta di un elemento a sé stante o se è invece un insieme, una proprietà che emerge dalla relazione di più elementi, un macro-sistema che racchiude in sé più unità maggiormente definibili ed accessibili sul piano terapeutico.

Saremmo in grado di mantenere un buon equilibrio se non percepissimo correttamente il peso del nostro corpo sugli arti che poggiano a terra?

Immaginiamo di non avere la sensibilità della pianta del piede: sarebbe davvero complesso percepire come, quanto e in che direzione stiamo spostando il nostro carico.

Saremmo in grado di gestire abilmente il nostro equilibrio se senza guardare le nostre gambe ed i nostri piedi non avessimo l’esatta percezione di dove si trovino rispetto al resto del corpo?

Quando intendiamo muovere un arto, chiaramente organizziamo il movimento considerando dove si trova l’arto in un determinato istante e dove intendiamo dirigerlo. Se non siamo in grado di costruire informazioni attendibili su dove si trova esattamente il nostro arto (se non con l’aiuto della vista), del tragitto da seguire durante lo svolgimento del gesto e della esatta posizione di arrivo non credo che il movimento possa risultare molto preciso e controllato.

Immaginiamo di aver appoggiato il piede a terra e non aver chiaro in testa che esso si trovi proprio lì in quella posizione, ottenendo delle informazioni distorte ed inattendibili; ritengo sia molto difficile organizzare il movimento necessario per spostare il resto del corpo sulla base di appoggio se non abbiamo chiaro che essa si trova in quella esatta posizione e se ciò avviene il movimento di spostamento del carico non può che essere sommario e qualitativamente insufficiente.

Consideriamo anche che tutto avviene abbastanza rapidamente e non sempre dopo un ictus riusciamo a gestire la nostra attenzione in un modo efficace come prima dell’evento. Teniamo inoltre presente che non sempre quando camminiamo possiamo guardare i nostri piedi e le nostre gambe per gestire il movimento e non è la vista l’organo preposto a tale compito, anche se dopo ictus è alquanto ovvio come essa risulti fondamentale per sopperire a tali difficoltà percettive ed organizzative. Per molti pazienti infatti risulta difficile, se non impossibile, non guardarsi i piedi durante il cammino.

Il recupero post ictus deve essere programmato in modo coerente con le capacità del paziente ed i tempi biologici di recupero. Immediatamente in seguito ad un ictus spesso si perde anche la capacità di stare seduti senza appoggio della schiena a causa del mancato controllo del tronco e di una evidente alterazione della linea mediana e simmetria del corpo. È impensabile che un paziente emiplegico che abbia tali disturbi del tronco possa avere equilibrio in stazione eretta se nemmeno lo ha acquisito da seduto. Tuttavia, si procede sovente al “training della deambulazione” quando ancora non sono stati recuperati questi prerequisiti al cammino. Vedo troppe volte pazienti che “camminano” – o sarebbe meglio dire si spostano in stazione eretta – malamente con bastoni e tutori, i quali non riescono ancora a stare seduti mettendo in atto tutti i compensi del caso. Sono pazienti per i quali l’esperienza del cammino è drammatica, fatta di continue perdite di equilibrio, rischio di cadute, esacerbazione dell’irradiazione e paura costante.

La paura durante il cammino non è solo un fattore psicologico che si può far superare spronando il paziente ad essere coraggioso e buttarsi in questa attività. In questo caso possiamo considerare la paura come una risposta comportamentale del nostro organismo ad una inattendibilità delle informazioni corporee ed una conseguente impossibilità di poter prevedere gli effetti del nostro movimento. Ragionandoci, abbiamo paura quando non sappiamo anticipare quello che avverrà e questa emozione ci aiuta a predisporre i nostri sensi per superare il momento potenzialmente nocivo o a limitare il nostro movimento per evitare eventuali danni. Di fronte alla paura di camminare il compito del fisioterapista deve essere quello di aiutare il paziente a colmare i vuoti informativi o meglio a mettere ordine alle sue capacità informative rendendole maggiormente attendibili ed efficaci per programmare un movimento adeguato: questo è possibile considerando ad esempio gli aspetti sopracitati della percezione, delle capacità attentive e di apprendimento del paziente. In definitiva la paura non è un ostacolo a un cammino più fluido e regolare, ma è l’effetto del richiamo dell’organismo a ordinare le capacità informative.

Meriterebbe una trattazione a parte tutto il contesto delle lesioni posteriori che coinvolgono il cervelletto ed il ponte, considerati da sempre come gli organi dell’equilibrio e centri della postura, ai quali negli ultimi anni è stata conferita ulteriore considerazione grazie a recenti studi che ne hanno invece avvalorato il determinante ruolo cognitivo ed informativo. Si pensi che solo a livello cerebellare avviene un elaborato processo di integrazione tra le informazioni necessario per organizzare il movimento ed a questo stesso livello vengono inoltre integrate le informazioni Visive, Vestibolari e Somestesiche (del corpo). Per questo, gli ictus al ponte o al cervelletto possono essere tra le lesioni più complesse per quanto concerne il recupero dell’equilibrio; tuttavia il fisioterapista per il recupero dell’equilibrio dovrà tener conto necessariamente del ruolo informativo e cognitivo del cervelletto. 

[Fonte http://neuroplanet.blogspot.it/2013/01/ictus-problemi-di-equilibrio.html]