Se il pollice soffre di artrosi
(di Monica Tiezzi per Gazzetta di Parma) – La mano si deforma, il dolore diventa così forte da non poter dormire la notte, gli oggetti sfuggono dalle dita. Capita a chi soffre di forme acute di «rizoartrosi», o «artrosi del pollice», che rappresenta il 10% di tutte le forme di artrosi del corpo. Ne parliamo con il parmigiano Alessio Pedrazzini, responsabile del reparto di Ortopedia e traumatologia dell’ospedale Oglio Po di Casalmaggiore (Cremona), professore a contratto della scuola di specializzazione in Ortopedia e traumatologia dell’università di Parma, diretta da Francesco Ceccarelli, e collaboratore al corso base di microchirurgia dell’ateneo di Parma, con Enrico Vaienti e Francesco Pogliacomi.
Cos’è la rizoartrosi?
È una degenerazione dell’articolazione «a sella di cavallo» alla base del pollice, una condizione che causa, oltre al dolore, grave disabilità. Si verifica quando un legamento che unisce le basi del primo e del secondo osso metacarpale si rompe e la base del primo metacarpale si lussa, cioè si sposta esternamente. L’opposizione del pollice alle dita lunghe della mano, assieme allo sviluppo della neocorteccia cerebrale, ha differenziato progressivamente l’uomo da tutti gli altri esseri, una capacità si è differenziata in modo netto circa cinque milioni di anni fa. Il pollice è fondamentale per la prensilità, sia per la «presa di forza», ossia il movimento di opposizione del pollice al palmo della mano, che per la «presa digitale», l’opposizione del pollice alle dita lunghe della mano.
Cosa viene compromesso nella rizoartrosi?
La presa bidigitale, con la conseguenza che cadono spesso gli oggetti dalla mano. Il dolore diviene progressivamente invalidante e il pollice fa male anche la notte, compromettendo il riposo. La diagnosi è clinica e radiografica. La base del pollice si deforma, con una progressiva accentuazione del dolore alla pressione esterna e la sensazione netta di un «clic». Nelle fasi avanzate e non trattate, cioè nella naturale evoluzione della malattia, la deformità diviene importante assumendo la caratteristica forma a zeta del pollice.
Come si fa la diagnosi?
Oltre all’osservazione diretta della mano, la radiologia evidenzia la progressiva degenerazione dell’articolazione della base del pollice, detta «trapezio metacarpale» e la riduzione dello spazio articolare o addirittura la sua soppressione. Nelle fasi avanzate ci sono anche alterazioni della forma dell’osso, gli osteofiti, e buchi nell’osso, detti «geodi articolari». La risonanza magnetica nucleare diviene importante nelle fasi iniziali, in cui la manifestazione clinica è ancora modesta.
Quali sono le cause della rizoartrosi?
Ancora non lo sappiamo, e di conseguenza non abbiamo capito perchè il problema colpisce con maggiore frequenza le donne e la mano non dominante: la sinistra per i destri e la destra per i mancini. Fra i fattori che giocano un ruolo nella malattia ci sono l’ereditarietà, traumi, movimenti e sforzi ripetuti nel tempo legati al lavoro, dismorfia, cause ormonali.
Prima di arrivare al bisturi, cosa si può fare?
Il trattamento può essere conservativo solo nelle forme artrosiche iniziali oppure in quelle inoperabili per problematiche generali, e consiste nel trattamento del dolore. Molto utile l’utilizzo di un tutore notturno che stabilizzi il pollice bloccandolo. È anche possibile intervenire con laserterapia, tecarterapia e con iniezioni di cortisone, farmaco antinfiammatorio, e acido ialuronico, un dispositivo medico che fa da lubrificante riducendo l’attrito. Ma solo il trattamento chirurgico è risolutivo.
Come si interviene chirurgicamente?
Numerose metodiche sono state proposte. Nelle fasi iniziali sono possibili le osteotomie correttive del primo metacarpale, ossia una correzione delle deformità. Per ridare forza di presa a scapito del movimento, in assenza di altre manifestazioni artrosiche, si può optare per le artrodesi o fusioni ossee chirurgiche.
Altre metodiche sono le protesi trapezio metacarpiche, gli spaziatori e, da ultimo ma primo per importanza, le plastiche di sospensione con interposizione biologica che tendono a ricostruire quel legamento intermetacarpale che si è rotto: in pratica un autotrapianto che collega il metacarpo dell’indice al metacarpo del pollice. In questi casi il trattamento dopo l’intervento chirurgico consiste nella immobilizzazione del pollice con tutore per 20 giorni e poi nella riabilitazione fisiatrica per i successivi 20 giorni, con il trattamento anche della cicatrice.