Nasce un movimento per legalizzare la figura del “love giver”
Non c’è sesso senza amore, forse. Ma sicuramente non c’è sesso per i disabili. Donne, uomini, giovani e maturi, etero e gay, tutti potenzialmente attivi, ma spesso costretti all’astensione forzata da ogni pratica erotica. Un tema da non affrontare per chi vive o viene assistito nelle case famiglia e nelle comunità. Per pudore o ignoranza. Considerati come bambini da curare e proteggere, cui è difficile riconoscere gli stessi bisogni delle altre. Così l’85 per cento degli uomini e il 75 per cento delle donne con handicap tra i 15 e i 44 anni non ha mai fatto sesso con un partner.
Per chi ha la sindrome di Down o una malattia degenerativa è difficile perfino immaginare una vita sessuale attiva. Una rimozione forzata che Maximiliano Ulivieri, 45 anni e affetto dalla nascita da una patologia genetica neuromuscolare che provoca l’atrofizzazione degli arti, ha deciso di infrangere:«Io sono fortunato e dopo i 27 anni ho vissuto la mia sessualità liberamente, ma il mondo comune pensa che io non possa avere una relazione e scambia mia moglie per la mia badante.
Attraverso il sito loveability.it, creato per parlare del tema sesso e disabilità, ho raccolto centinaia di contatti, lettere e storie di persone recluse ed escluse da un mondo di affetti, piaceri e sensazioni corporee». Ecco alcuni messaggi pubblicati on line: «Ho 60 anni e non ho mai toccato una donna. Di andare a prostitute neanche per sogno. Scrivo, per cercare una donna che vada oltre il mio handicap, oltre il mio fisico e che sappia amarmi». «Sono Monica, tetraplegica spastica di 27 anni. Vorrei provare un orgasmo prima di morire. Chissà com’è?». E ancora: «Mi chiamo Carlo, ho 44 anni e vivo attaccato al respiratore. Mi piacerebbe essere toccato, con la T maiuscola. I medici e gli infermieri lo fanno tutti i giorni per la fisioterapia, ma io vorrei provare il tocco della dolcezza».
Filo comune degli sfoghi via tastiere e monitor il piacere che non arriva mai. Per Monica, Carlo e tanti altri, Ulivieri ha deciso di mettere in piedi Lovegiver.it . Un comitato di sessuologi, psicologici, educatori, esperti nel campo della disabilità per uscire dal cono d’ombra e arrivare alla meta finale: portare la figura dell’assistente sessuale anche in Italia. Si tratta di un operatore professionale (uomo o donna) con orientamento bisessuale, eterosessuale o omosessuale che deve avere delle caratteristiche psicofisiche e sessuali sane e possa accompagnare il disabile in un percorso per sperimentare l’erotismo e la sessualità.
Come nel film americano “The session”, in cui l’attrice Helen Hunt mette in scena la vera storia del poeta Mark O’Brien, uno scrittore completamente paralizzato e vergine che si affida a sei appuntamenti per la sua terapia sentimentale.
«L’idea mi è venuta spulciando nei siti all’estero. In Austria, Germania, Danimarca, Olanda si organizza semplicemente un corso professionale e ottenuta la certificazione si può lavorare. Non esiste una legge che inquadra queste figure per operare regolarmente perché la prostituzione è accettata e non c’è reato. Da noi è tutto un po’ più complicato», continua Ulivieri. Il punto è controverso: qual è il confine tra il ruolo della “sexual assistance” e la prostituzione? «È una relazione empatica rivolta a persone singole e coppie basata sull’aiuto tra utente con disabilità cognitiva e fisica e l’assistente, ma assolutamente non fanno sesso», spiegano nelle linee guida i promotori.
«È pensata più come un’alleata, una coach che ti aiuta a scoprire come sei fatto e come provare piacere», sottolinea Paola Tomasello, sessuologa e membro di Lovegiver.it:«Anche se molte persone arrivano vergini a 30 anni, non è previsto l’atto completo, la penetrazione è proibita. È pensato invece come un percorso di scoperta che arriva al massimo alla masturbazione e all’autoerotismo. Un esperimento per persone che non sanno cosa significhino abbracciare una donna nuda o un uomo nudo, l’esperienza del contatto fisico, l’odore della pelle, le carezze. Si tratta di insegnare un nuovo alfabeto sentimentale per chi è maggiorenne ed è ancora fermo all’adolescenza dal punto di vista sensoriale».
Così una piccola avanguardia da anni sta affrontando una battaglia a colpi di incontri, libri, dibattiti, convegni: ce ne sono stati venti in un solo anno, promossi soprattutto dalle famiglie di persone con disabilità mentale.
Ed è stato pure creato l’Osservatorio sull’assistenza sessuale, che ha selezionato gli aspiranti “sexual assistance”. Fabiano Lioi, musicista e attore affetto da osteogenesi imperfetta, ha lanciato una petizione sulla piattaforma change.org , firmata da quasi 15 mila sostenitori.
Il primo scoglio da superare è anche il più duro: avere una legge nazionale su misura per partire con i corsi di formazione e finalmente l’assistenza vera e propria. Il senatore democratico Sergio Lo Giudice è il primo firmatario di un disegno di legge ad hoc: «È un’idea di civiltà per il diritto alla salute che permetterebbe a molte e a molti di uscire dall’emarginazione affettiva e relazionale. Purtroppo è ferma da due anni. La mia proposta non è stata mai messa in calendario. È inutile girarci intorno, in Parlamento ci sono una sessuofobia e tendenza illiberale che rappresentano un grosso ostacolo. O si costruisce un vero, imponente movimento di opinione, o si farà fatica ad andare avanti».
[Fonte http://espresso.repubblica.it/attualita/2016/03/08/news/voglio-un-orgasmo-prima-di-morire-1.253143]