Mal di testa o schiena: come scegliere i farmaci per i dolori più «comuni»
(di Elena Meli per Corriere della Sera) – Un’articolazione dolorante, e ogni movimento diventa una sofferenza. Oppure una cefalea che costringe a letto, un mal di denti da togliere il fiato, un mal di schiena che ci impone di stare fermi: a chi non è mai capitato di dover fare i conti con un dolore forte e improvviso? Quasi nessuno è immune, visto che è il problema per cui più spesso ci si rivolge al medico di famiglia e secondo il rapporto Global Pain Index, promosso da GSK Consumer Healthcare, il 97 per cento degli italiani ha sofferto almeno una volta di un dolore muscolo-scheletrico come il mal di schiena o la cervicale; il 58 per cento lo deve affrontare addirittura ogni settimana. Uno su due non ne parla al medico, poco più di un terzo riceve una diagnosi: molti, alle prese con un dolore di qualsiasi natura, cercano di risolvere tutto da soli.
Sparare con un cannone a un uccellino
«Si tratta infatti del motivo per cui più spesso si ricorre all’automedicazione – conferma Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie -. La maggioranza pensa di sapere come gestire il dolore, ma poi tanti scelgono un farmaco inadatto o lo usano a sproposito. Il primo passo per non sbagliare è saper capire che tipo di disturbo abbiamo, perché caratteristiche diverse impongono terapie differenti: esistono infatti antidolorifici “puri”, come il classico paracetamolo, e i farmaci antinfiammatori non steroidei o Fans, più utili se il dolore deriva da un’infiammazione. Se per esempio c’è un dolore da trauma o un mal di denti, con una componente infiammatoria evidente, è meglio scegliere un Fans; in caso di mal di testa l’infiammazione non c’è, sì allora all’antidolorifico puro. Conoscere un minimo questi medicinali serve per farne buon uso: bisognerebbe sapere quali sono i più potenti, per non sparare con un cannone a un uccellino, oppure conoscerne la durata d’azione per non sbagliare i dosaggi».
Un errore frequente? Fidarsi del passaparola
In genere nell’armadietto delle medicine se ne trova sempre qualcuno, avanzato da qualche terapia precedente: se un prodotto è già stato usato senza intoppi si può andare abbastanza sul sicuro, ma alcune precauzioni restano indispensabili. «Se il farmaco che abbiamo in casa ci è stato prescritto in passato dal medico si può usare nel modo in cui ci è stato indicato: vietato esagerare o modificare i dosaggi consigliati – raccomanda Carlomaurizio Montecucco, direttore dell’Unità di reumatologia al Policlinico San Matteo di Pavia -. Questo perché per esempio ciascun farmaco è efficace più o meno a lungo, di conseguenza l’intervallo fra le dosi deve essere più o meno breve: prendere tre volte al giorno un medicinale a lunga durata d’azione che andrebbe assunto una volta sola espone a tossicità da sovradosaggio. Un errore frequente? Fidarsi del passaparola: un medicinale “miracoloso” per un amico o un parente non per forza lo sarà per noi, perché la variabilità di risposta ai Fans è molto spiccata. La scelta quindi dipende dalla situazione, ma anche dalla storia personale. Se sappiamo che un certo prodotto ci allevia il dolore bene e velocemente, è inutile passare a un altro perché sulla carta o stando alle parole di un amico è più potente: non è detto che lo sia per noi».
Il fai da te ha precisi limiti
In caso di patologie croniche con periodiche ricadute, come un’artrosi, si può usare il farmaco che sappiamo funzionare e con cui abbiamo dimestichezza; se però ci rendiamo conto che lo stiamo prendendo un po’ troppo spesso, è bene rivolgersi al medico per capire se qualcosa è cambiato. Il fai da te ha infatti precisi limiti, come sottolinea Cricelli: «Se il dolore persiste, non viene alleviato dai medicinali o si accompagna ad altri sintomi si deve chiedere aiuto al farmacista o al medico. Un mal di testa “semplice” se ne va in poche ore, ma se è pulsante, intenso e localizzato è difficile che passi con facilità, così come un mal di schiena che si irradia alla gamba. Se dopo uno, massimo due giorni il dolore non è scomparso, stop al fai da te: non si fa automedicazione per una settimana, anche perché il dolore è spia di un problema e quando non passa bisogna indagare». I prodotti da banco sono sicuri, se utilizzati per il tempo breve e il dosaggio basso consentiti: basta però non farsi prendere la mano perché il sollievo non arriva, continuando ad assumerli a lungo o aumentando le dosi.
Mal di stomaco, l’effetto più comune
«Un dolore non ben curato può diventare cronico, se non smette può essere sintomo di una malattia più seria: non parlarne al medico può portare a diagnosi ritardate – osserva Montecucco -. Senza contare che l’uso prolungato di Fans senza controllo medico può dare problemi, non solo l’acidità di stomaco che tutti temono: bisogna per esempio valutare anche come possono rispondere organi come reni, cuore e vasi». Il mal di stomaco resta tuttavia l’effetto collaterale più comune: gli antiacidi sono sempre necessari? «No, se l’uso dei Fans come antidolorifici è sporadico: possono servire solo se la cura si prolunga oltre qualche giorno e in questi casi, come detto, è sempre necessario il consiglio del medico – risponde Cricelli -. La probabilità di disturbi tuttavia dipende molto dal singolo: c’è chi tollera alte dosi di Fans senza sintomi e chi già soffre dopo due o tre compresse. Chi è “ipersensibile” dovrebbe chiedere al medico anche in caso di cure brevi e lo stesso vale per chi già soffre di problemi gastrointestinali, per esempio di reflusso gastroesofageo: in questi pazienti anche un utilizzo saltuario di Fans va concordato col curante, valutando l’opportunità di associare antiacidi».
Il livello di conoscenza dei farmaci è basso
E gli italiani sanno distinguere le caratteristiche di analgesici puri e Fans, sono in grado di scegliere fra quelli a disposizione a ragion veduta? Ben poco, stando al rapporto Global Pain Index: il livello di conoscenza dei farmaci è basso, così le preferenze di cura variano soprattutto in base all’età. Chi è più giovane infatti preferisce i medicinali da banco, gli over 55 tendono a prediligere quelli per cui è necessaria la prescrizione medica.
Un impatto davvero molto pesante
Il rapporto Global Pain Index, realizzato intervistando 19mila persone in 32 Paesi (Italia compresa), mostra che il dolore muscolo-scheletrico è diffusissimo e che è un’ipoteca sul benessere dei singoli e della società. Mal di schiena, mal di collo, dolori articolari sono causa di ansia per 8 italiani su 10 e di disturbi del sonno per 2 su 3; circa il 50% di chi ne soffre si sente più anziano e meno attraente, e tende a isolarsi. Chi è genitore pensa di non riuscire a occuparsi nel modo migliore dei figli, perché il dolore riduce pazienza e disponibilità. La metà dei lavoratori è stata assente almeno una volta per colpa di dolori muscolo-scheletrici, nell’ultimo anno, perdendo in media 3,3 giorni. Assenze che sono costate all’economia italiana quasi 8 miliardi di euro. Anche per questo è essenziale curarsi tempestivamente e nel modo corretto, ma tuttora pochi lo fanno: solo quattro su dieci intervengono entro poche ore dall’arrivo del dolore e il 60 per cento non ha mai avuto una diagnosi specifica dal medico, finendo per gestirsi nel più completo fai da te.
Sfruttare l’effetto placebo è giusto
Non solo pillole: a seconda del tipo e della localizzazione del dolore gli analgesici possono essere utilizzati anche in forma di pomate, schiume e cerotti. Vale lo stesso la regola-base: sì all’uso saltuario per uno, massimo due giorni ma se poi il dolore non passa bisogna chiedere almeno al farmacista e al medico se il problema non si risolve. Talora invece il fastidio passa da solo, come spiega Carlomaurizio Montecucco: «Succede grazie all’effetto placebo, che stando ai dati raccolti nelle sperimentazioni sul dolore può arrivare fino al 40%: l’idea che ci si stia curando anche se non si prende nulla è potente, il dolore del resto ha una forte componente emotiva. Sfruttare l’effetto placebo è giusto: se un paziente è convinto che un prodotto senza un’efficacia dimostrata possa aiutarlo si può provare a usarlo, a patto che sia privo di possibili effetti collaterali. Poi, se non basta, si può aggiungere un antidolorifico “vero”».