Il lavoro e la malattie dell’apparato muscolo-scheletrico
Come ottenere il riconoscimento di malattia professionale – a cura del dott. Franco Brinato
AOSTA. L’esperienza professionale maturata negli anni presso il patronato e il crescente aumento delle malattie correlate al lavoro, mi ha dato lo spunto per la realizzazione di quest’articolo, con lo scopo di dare uno strumento di guida ai lavoratori nel mondo complicato delle malattie correlate all’attività lavorativa, spesso sottovalutate e cause frequente di disabilità e riduzione della capacità lavorativa dell’individuo, con gravi conseguenze sul piano sociale ed economico.
L’apparato osteoarticolare (o meglio il sistema muscolo scheletrico) è il bersaglio non solo di eventi traumatici ma anche dei fenomeni di fatica e di usura. Per tale motivo le affezioni osteoarticolari costituiscono l’esempio tipico delle malattie professionali, cioè correlate all’attività lavorativa svolta. In Italia, secondo ripetute indagini ISTAT sullo stato di salute della popolazione, le malattie osteoarticolari sono le affezioni croniche di gran lunga più diffuse e sono al secondo posto tra le cause d’invalidità civile. Interessano una fascia vastissima di popolazione adulta (60-80% dei soggetti con età maggiore di 50 anni e circa il 100% di quelli maggiore di 60 anni). Costituisce spesso un problema poco sentito, se non decisamente sottovalutato dalle aziende, forse perché ritenuto normale e inevitabile. Una sottovalutazione errata perché le malattie osteoarticolari, come il banalissimo mal di schiena, spesso correlato a errate manovre manuali di movimentazione di carichi, costituiscono le cause più frequenti di assenza dal lavoro. Valutare con cura e ridurre al minimo i rischi connessi a movimentazione di carichi errati può portare, con assoluta certezza, a una significativa riduzione delle assenze per malattie o peggio per infortunio. In quest’articolo sono analizzati le principali malattie osteoarticolari correlate al lavoro, i fattori di rischio e le categorie più esposte e quale percorso eseguire come per il riconoscimento di una malattia professionale.
Cosa si intende per malattia professionale?
La malattia professionale (detta anche “tecnopatia”) è la patologia che il lavoratore contrae in occasione dello svolgimento dell’attività lavorativa a causa delle presenza di fattori presenti nell’ambiente nel quale presta servizio. Si distingue dall’infortunio sul lavoro perché quest’ultimo si verifica in modo tendenzialmente immediato che incide istantaneamente e in modo traumatico sulla salute del lavoratore (la cd. causa violenta), mentre la malattia professionale si sviluppa nel tempo per l’esposizione a un fattore di rischio. Le malattie professionali rappresentano uno dei temi prioritari per la promozione e tutela della salute nei luoghi di lavoro e la medicina del lavoro rappresenta branca della medicina che se ne occupa. Dal 1933 la materia in termini assicurativi è gestita dall’istituto nazionale per le assicurazioni e gli infortuni (I.N.A.I.L.) a cui è affidato la tutela assicurativa delle malattie professionali (MP).L’assicurazione e obbligatoria e tutte le aziende devono assicurare tutti i lavoratori.
Quali sono le categorie a rischio?
Sono molteplici le attività lavorative nelle quali potrebbe essere riconosciuta questa tipologia di rischio, tra la quale (a titolo esemplificativo e non esaustivo) si possono elencare: tutti i lavoratori nel settore dell’industria e agricolo, autotrasportatori (camionisti tassisti, macchinisti di treni) vigili del fuoco, addetti alle pulizie e alle cucine, i lavoratori artigianali, squadre d’emergenza, addetti al pronto soccorso (infermieri, fisioterapisti, ausiliari, personale della radiologia).
Quali sono le malattie muscolo-scheltriche correlate all’attività lavorativa?
Si tratta in generale di forme patologiche a lenta formazione che interessano prevalentemente la colonna vertebrale, gli arti superiori con particolare riferimento alla spalla, gomito e il distretto anatomico mano-braccia.
Colonna vertebrale
Le malattie degenerative della colonna vertebrale si manifesta principalmente con il classico mal di schiena. E’una malattia frequente se non la più frequente tra le affezioni muscolo scheletriche correlate al lavoro ed ha una notevole rilevanza socio-economica. Comporta, infatti, elevati costi, legati all’assenza dal lavoro, alle spese assistenziali e alla riduzione della capacità lavorativa dei soggetti colpiti. La colonna vertebrale, o rachide, è la struttura portante del corpo ed è costituita da ossa, le vertebre e i dischi intervertebrali, ospita al suo interno un’importante struttura che il midollo spinale, da dove partono i nervi. Sulle vertebre si inseriscono muscoli e legamenti. Fra queste strutture, il disco intervertebrale ha funzione ammortizzante e ne garantisce la flessibilità e i movimenti. Con l’avanzare dell’età il disco intervertebrale tende a perdere la sua capacità ammortizzatrice, la schiena diventa più soggetta a disturbi, soprattutto a livello lombare. Le cause più frequenti sono la movimentazione e sollevamento di carichi a mano, uno sforzo eccessivo, i movimenti incongrui (colpo della strega), le posture sbagliate, i piccoli traumi ripetuti, la trazione e spinta dei carrelli, ecc. Notevole importanza ha l’esposizione a microtraumi vibratori conseguente all’attività sedentaria (impiegati, autotrasportatori, macchinisti Le patologie più comuni a carico della colonna vertebrale sono:
– l’artrosi,caratterizzata da formazione di piccole protuberanze ossee (osteofiti) a carico delle vertebre che si formano sul bordo della vertebra e possono provocare dolore, se comprimono un nervo, determinano la comparsa di formicolii e dolori al braccio alle gambe quali ad esempio: formicolii alle mani nell’artrosi cervicale; lombo-sciatalgia, in altre parole “sciatica” (infiammazione del nervo sciatico), nell’artrosi lombare;
– La lombalgia acuta (colpo della strega) si manifesta con un dolore acutissimo, spesso temporaneamente immobilizzante, causato da una reazione immediata di muscoli ed altre strutture della schiena a movimenti scorretti o sforzi eccessivi. Va considerato come infortunio se la causa è lavorativa.
– L’ernia del disco si manifesta quando la parte centrale del disco intervertebrale, fuoriesce dall’anello fibroso che lo circonda andando a comprimere il nervo. Essa è spesso conseguenza di movimentazioni manuali sovraccaricanti che possono dare luogo a gravi disturbi neurologici, fra cui la lombo-sciatalgia, che si manifesta con dolore alla regione lombare irradiato al gluteo e alla coscia.
– Le alterazioni delle curve della colonna (lordosi-scogliosi, ecc)
Le categorie dei lavoratori a rischio sono conduttori di automezzi pubblici, privati, macchinisti dei treni, trattoristi, conduttori di macchine per il movimento terra (microtraumi da vibrazione), i lavoratori dell’edilizia, agricoltori, personale addetto al sollevamento e trasporto malati, infermieri e personale del 118.
Secondo i dati della letteratura medica il 73% degli operatori sanitari sopratutto infermieri sono soggetti a disturbi della colonna vertebrale.
Spalla:
L’affezioni più frequenti è la tendinite del muscolo sovra spinoso che si manifesta con dolore del muscolo deltoide o nell’aria anteriore della spalla accentuato dai movimenti nell’elevazione del braccio.
Gomito:
Le affezioni più frequenti sono:
1) L’epicondilite (gomito del tennista), un’infiammazione dolorosa dei tendini dei muscoli estensori del polso che s’inseriscono sulla parte laterale del gomito. E’ caratterizzata da dolore spontaneo o provocato dalla pressione ed è accentuato dai movimenti di flessione e di chiusura della mano, dall’impugnatura di utensili o attrezzi pinze, racchette da tennis (epicondilite del tennista);
2) Epitrocleite (gomito del golfista) è un’infiammazione dei tendini dei muscoli flessori del polso e della mano che s’inseriscono sulla parte interna del gomito. Il sintomo è un dolore che aumenta con il movimento. Queste sono le tendiniti di più frequente riscontro Il sovraccarico dovuti a lavori che riìchiedono movimenti ripetuti con applicazioni di forza influisce rapidamente in queste zone del gomito provocando infiammazione e dolore che si manifesta alla presa di oggetti e al sollevamento di pesi. Il dolore prima localizzato al gomito si può irradiare all’avambraccio e alla spalla.
Polso:
L’affezione più frequente è la sindrome del tunnel carpale e tra le tendiniti più frequenti tra le patologie muscolo scheletriche correlate al lavoro. E’ dovuta alla compressione del nevo mediano nel suo passaggio attraverso il tunnel carpale, una struttura rigida formata dalle ossa della mano e da un legamento rigido (il legamento carpale) che avvolge le ossa del polso. Attraverso il tunnel carpale passano il nervo mediano, i tendini dei muscoli flessori delle dita e vasi sanguigni. Un processo infiammatorio dei tendini provoca la compressione del nervo mediano con comparsa di:
– Formicolio alle prima tre dita della mano
– Dolore al polso e all’avambraccio
– Diminuzione alle prima tre dita della mano
– Perdita della forza delle prima tre dita
Le attività lavorative nelle quali si combinano forza elevata, movimenti ripetitivi della mano e del polso, posture incongrue, aumentano il rischio.
La sindrome di De Quervain, si manifesta con dolore debolezza e lieve gonfiore al lato del polso all’altezza del pollice.
Le categorie esposte a rischio per le affezioni dell’arto superiore sono tutti coloro che per professione o svago tendono a eseguire movimenti monotoni che coinvolgono l’articolazione del gomito del polso e della mano tra cui:
– Cuochi
– Pittori e imbianchini
– Musicisti
– Barristi addetti alla macchina del caffè
– Sarti
– Carpentieri
– Barbieri e parrucchieri
A questi va aggiunto tutta quella amplissima ed eterogenea popolazione che lavora o comunque sta davanti al PC a lungo ogni giorno. L’uso continuo del mouse è spesso all’origine di patologie del gomito e del tunnel carpale.
Quali sono i principali fattori di rischio per le patologie muscolo-scheletriche?
Sono malattie multifattoriali, cioè possono avere cause diverse e manifestarsi anche in individui non esposti a fattori di rischio professionali correlati al lavoro, ma in cui giocano un ruolo fondamentale l’attività lavorativa svolta. I fattori di rischio sono diversi: sollevamento di carichi pesanti, movimenti a carattere ripetitivo, posizione obbligate per lungo tempo associati a movimenti bruschi, stress psico-fisico in ambiente lavorativo, ritmi di lavoro prolungati, fatica fisica. A questi vanno aggiunti l’età, malattie preesistenti come il diabete, fattori individuali, traumi e fratture.
Il lavoratore colpito da una malattia professionale è tutelato?
Tutti i lavoratori sono tutelati contro gli infortuni e le malattie professionali connessi allo svolgimento dell’attività lavorativa. Dal 1933 la materia in termini assicurativi è gestita dall’istituto nazionale per le assicurazioni e gli infortuni (I.N.A.I.L.) che obbliga tutte le aziende ad assicurate i dipendenti. Tutte le malattie muscolo scheletriche della colonna e degli arti superiori correlate al lavoro sono riconosciuti dall’istituto assicurativo e come tali sono risarcibili. Nei casi di malattia professionale accertata, l’INAIL indennizza i danni provocati dalle malattie professionali prevedendo prestazioni di carattere economico, sanitario e riabilitativo. Le malattie muscolo scheletriche della colonna vertebrale e degli arti superiori sono riconosciute dall’INAIL e sono riportate in tabelle ministeriali con codici ben definiti.
Cosa deve fare il lavoratore per ottenere il riconoscimento di una malattia muscolo-scheletriche correlata al lavoro?
Il primo passo è la certificazione sul modulo 5 SS,disponibile sul sito dell’INAIL o sul sito dei patronati provinciali. La certificazione può essere fatta da medici di famiglia, del patronato o da medici specialisti. Il certificato deve contenere notizie dettagliate sulla storia clinica (malattie precedenti e soprattutto sulla malattia per cui si richiede il riconoscimento e se questa risulta nell’elenco delle malattie riconosciute dall’INAIL) e sul periodo di esposizione al rischio. Tale certificazione, inviata all’INAIL territoriale di appartenenza, costituisce la denuncia della malattia professionale.
Ci sono dei termini di scadenza per la presentazione della denuncia?
I termini di scadenza della denuncia per il riconoscimento della malattia professionale varia a secondo del tipo di malattie. I termini sono riportati nelle tabelle ministeriali rivisitate con il DM del 9 aprile 2008. Nella tabella oltre i codici di diagnosi codificata e riportato il periodo massimo d’indennizzabilità dalla cessazione della attività lavorativa. Attualmente la legge prevede che la denuncia delle malattie professionali e quindi anche le malattie muscolo-scheletriche, possono essere inoltrate anche dopo aver cessato l’attività lavorativa rischiosa entro tempi stabiliti per legge.
Dopo la denuncia qual è il percorso per il riconoscimento della malattia professionale?
Il medico legale dell’INAIL esamina la domanda e se sussistono i presupposti medici e amministrativi, riconosce la malattia professionale e stabilisce il danno biologico subito dal lavoratore secondo le indicazioni della tabella ministeriale (DM 38/2000), dove è indicato il codice delle malattie e la percentuale
del danno. Al lavoratore è quindi comunicata la malattia professionale diagnosticata, la percentuale di danno riconosciuta e l’indennizzo cui ha diritto. Si tenga presente che tra 1% e 5% non è erogato nulla, da 6% a 15% è erogata una somma, un tantum, il cosiddetto “indennizzo per danno biologico”, dal 16% in poi è riconosciuta una rendita mensile. A tale decisione il lavoratore può fare ricorso entro tre anni e 150 giorni.
Esiste il rischio che la domanda sia respinta?
Può accadere che gli accertamenti tecnici, sanitari o amministrativi non consentono di porre un giudizio o addirittura che tali accertamenti in qualche modo non siano tali da poter riconoscere la sussistenza di una malattia professionale. In questo caso l’istanza è respinta. Le motivazioni per cui una richiesta di riconoscimento di malattia professionale è rifiutata possono essere diverse, ma in genere è una delle seguenti quattro:
1. Non esiste la malattia denunciata;
2. Il rischio cui è sottoposto il lavoratore non è in grado di provocare la malattia denunciata;
3. La malattia denunciata non è di natura lavorativa ma rientra in una malattia comune;
4. La documentazione acquisita è insufficiente per esprimere un parere medico-legale.
Che cosa fare in questi casi?
In questo caso il lavoratore può proporre il ricorso, entro tre anni e 150 giorni, rivolgendosi gratuitamente al patronato, un istituto che esercita funzioni di assistenza e di tutela in favore dei lavoratori, con richiesta di visita collegiale presso l’INAIL di appartenenza I l medico del patronato esamina la domanda e se ci sono i presupposti redige una relazione medica in cui si segnalano le motivazioni per cui si ritiene che la malattia denunciata dal lavoratore ha un rapporto di causalità con il lavoro che ha è svolto. (Aostaoggi)