«Cuffia dei rotatori», quel dolore per usura alla spalla
(Antonella Sparvori per Corriere.it) – Se la spalla fa male la causa potrebbe essere una lesione a livello della cuffia dei rotatori, struttura formata da 4 tendini che concorrono al movimento dell’articolazione nei vari piani dello spazio. Già dopo i 35-40 anni è facile che inizi un processo di usura a carico di queste strutture tendinee. «Fino a un terzo della popolazione è destinato ad andare incontro, prima o poi nella vita, a lesioni della cuffia dei rotatori — spiega Alessandro Castagna, responsabile dell’Unità di chirurgia della spalla dell’Istituto Clinico Humanitas di Milano —. Questa predisposizione è probabilmente dovuta al fatto che i tendini della cuffia sono sovrautilizzati rispetto alle loro dimensioni. Il tutto può essere letto anche in chiave evoluzionistica: nei nostri avi, che camminavano a quattro zampe, la spalla era come un’anca, che poi, con il passaggio alla stazione eretta, ha dovuto cambiare tipo di movimenti, svolgendo compiti per quali non era stata “pensata”».
Che cosa provoca le lesioni alla cuffia dei rotatori?
«Traumi, usura o entrambi i fattori. Il sintomo più caratteristico è il dolore alla spalla, irradiato al braccio (ma non all’avambraccio), che aumenta con lo sforzo e di notte. In genere, il tendine più coinvolto per rottura è il sovraspinato. Con il passare del tempo, se non si interviene in alcun modo, c’è il rischio che la rottura si estenda ad altri tendini e si giunga a una progressiva perdita di funzione della spalla. Ecco perché è sempre meglio non sottovalutare un dolore alla spalla che persiste. La diagnosi di lesioni alla cuffia dei rotatori può essere fatta in una visita ortopedica nella quale si eseguono alcune manovre per individuare la sede della lesione e la sua entità. Tuttavia possono rendersi necessari ecografia, radiografia e risonanza magnetica».
Quali sono le cure possibili?
«Se la lesione riguarda un solo tendine, di solito il trattamento è inizialmente conservativo, basato su riposo, antinfiammatori, fisioterapia. E i risultati sono in genere molto buoni. Se il processo degenerativo si cronicizza o c’è un trauma importante, può essere preso in considerazione un approccio chirurgico. Bisogna però tenere presente che non tutti sono buoni candidati alla chirurgia e che non sempre l’intervento porta a una guarigione completa. Molto dipende dallo stato dei tendini e dalla loro capacità di guarire che tende a diminuire con l’aumentare dell’età e la cronicità della lesione. In genere, consigliamo l’operazione in soggetti attivi e dinamici, mentre abbiamo delle riserve nei casi di persone molto in là con gli anni che hanno limitate richieste funzionali. La tecnica chirurgica che va per la maggiore è quella artroscopica, a patto di affidarsi a specialisti competenti. L’intervento non è molto complesso, ma è impegnativa la fase post-operatoria perché bisogna lasciare ai tendini il tempo per guarire».