Coronavirus: stop fino al 3 maggio, poi si uscirà. Conte teme una nuova ondata
Ogni decisione politica è una mediazione tra due tesi in conflitto e quella del governo l’ha squadernata, al presidente di Confindustria suo omonimo, il ministro delle regioni Francesco Boccia: tra il rischio di una «seconda ondata» che sarebbe micidiale, e quello di un collasso produttivo, «il governo ha le idee chiare: dobbiamo mettere in sicurezza la salute degli italiani. Con la salute a rischio, non c’è economia». «Non ci sono ora le condizioni per ripartire», ammette dunque il premier Giuseppe Conte nella videoconferenza con sindacati e imprese. I contagi rallentano ma non così rapidamente (ieri sono risaliti) da consentire una ripartenza del Paese. «L’indice di contagio non è sceso abbastanza», dice Speranza. Se si riaprissero le attività produttive potrebbe risalire la temuta curva dei contagi, spiega il premier ai sindaci e ai governatori: perché riaprire ad aprile, come hanno segnalato Viminale e scienziati, darebbe la sensazione di un via libera a godersi i due ponti del 25 aprile e 1 maggio. Rischio esodo e contagi di massa insomma.
Milioni di italiani dovranno attendere i primi di maggio, dopo il ponte della festa dei lavoratori, per poter uscire di casa; prima non ci sarà il tanto atteso fine reclusione: lockdown prorogato oggi con nuovo Dpcm fino al 3 maggio, è questa la decisione assunta dal premier, in tandem con il ministro della Salute e gli scienziati del Comitato tecnico scientifico (Cts) che hanno consegnato 5 pagine di relazione su cosa sia meglio fare.
Altre settimane di stop, con polizia schierata a proteggere il rispetto del blocco da chi volesse mettersi in viaggio per mare, montagne o seconde case nei ponti festivi. Con tanto di circolare del Viminale che invita i prefetti a potenziare i controlli.
Subito cartolibrerie aperte
Dopo Pasqua riapriranno solo le cartolibrerie; potrà riaprire qualche produzione legata alla filiera agroalimentare (tipo le aziende di domopak o di ruote dei carrelli) o sanitaria. Via libera alla cura dei boschi per garantire la salute del territorio, i boscaioli sono tra le categorie meno a rischio indicate dal professor Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità. Sostenitore della tesi che la fase due debba essere nazionale e non regionale. E così sarà.
Ecco i lavori più a rischio
Il rapporto del Cts segnala il livello di rischio basso, medio o alto per le diverse attività. Alto per ristoranti, bar, dentisti, parrucchieri, personale scolastico e le attività che comportano un rischio di prossimità fisica. Lavori con indice medio di pericolosità, quelli in uffici; e le fabbriche, dove andrà garantita l’applicazione dei protocolli di sicurezza. Le attività con indice di pericolosità più basso sono invece quelle legali, di contabilità e assicurative, la fabbricazione di mobili, le attività immobiliari, le consulenze aziendali, la riparazione di materiale elettronico e per la casa, l’industria delle bevande e le coltivazioni.
Pressing di Renzi e sindacati
«Se aspettiamo il rischio zero, dobbiamo tenere chiuso fino a che non arriva il vaccino, non apriamo più, nemmeno il 4 maggio», si infervora la renziana Teresa Bellanova al vertice con i capi dei partiti. «Invece dobbiamo pensare a un calendario progressivo di riaperture, in base ai dati epidemiologici territorio per territorio e alla capacità delle aziende di garantire la sicurezza e distanziamento sociale». Discussione aspra e molto tesa, viste le resistenze di Conte, Speranza, Franceschini e Crimi, dettate dal differente approccio. Per Renzi e i suoi si può cominciare ad aprire qualche attività in zone a basso livello di contagio.
Opposto il pressing dei sindacati: bene la proroga, niente forzature. Landini ha ribadito che la sicurezza è essenziale. Che bisogna attrezzare il Paese a una road map per aprire in futuro. E che la cabina di regia con le parti sociali assicuri uniformità alle decisioni dei prefetti, finora soggette a troppe diversità di vedute e forzature. (La Stampa)