Bassa istruzione, stress e povertà danneggiano la salute del cuore
Basso livello di istruzione e disagio sociale peggiorano la salute del cuore. Una nuova conferma arriva dal report dell’Osservatorio Epidemiologico Cardiovascolare dell’Istituto Superiore di Sanità e Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri-Heart Care Foundation Onlus, presentato alla V Conferenza di Prevenzione cardiovascolare. Il documento rileva che anche in Italia le differenze socio-economiche si ripercuotono sulla salute: le persone con livello di scolarità più basso, sedentarie e con abitudine al fumo sono più a rischio di ipertensione, dislipidemia (livello anomalo di grassi nel sangue), obesità, diabete. Una tendenza iniziata 10 anni fa e che oggi si conferma in aumento. «Questi dati confermano la necessità di costruire un’azione tempestiva in termini di prevenzione primaria, a partire dall’educazione a corretti stili di vita sin dalla scuola primaria – dice Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) -. Se questa tendenza si stabilizza o si conferma è infatti a rischio la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale».
Alta e bassa scolarità
L’ipertensione arteriosa (pressione alta) è ancora un fattore di rischio preoccupante perché colpisce più del 50% degli uomini e quasi il 40% delle donne. Strettamente legato ai valori della pressione il consumo di sale nell’alimentazione, che risulta più elevato nelle classi sociali basse: circa il 6% in più in coloro che hanno livello di scolarità elementare rispetto al livello universitario e più elevato al Sud rispetto al Nord. L’ipercolesterolemia (o dislipidemia) riguarda circa il 30% della popolazione adulta (35-74 anni) e più le persone che si trovano nel livello socio-economico più disagiato (38% degli uomini e 39% delle donne rispetto a coloro che hanno scolarità più elevata che si attestano rispettivamente al 35 e al 36%). Inoltre nelle donne con scolarità più bassa solo il 18% di quelle con dislipidemia è ben controllata con la terapia, rispetto al 27% di coloro che hanno una scolarità più elevata. Stessa situazione anche per il diabete che è più frequente negli uomini con scolarità più bassa (14% contro il 10% in coloro che hanno raggiunto un livello di scolarità superiore). Nelle donne il fenomeno è ancora più evidente: 10% nelle donne con bassa scolarità e 5% (quindi la metà), in quelle con livello di istruzione più elevato.
Screening cardiologici
«Come Fondazione Banca del Cuore riteniamo fondamentale l’organizzazione di azioni specifiche per una corretta strategia di prevenzione delle malattie cardiovascolari per la cittadinanza e ciò si esplica anche con una efficace comunicazione capillare – ha sottolineato Michele Gulizia, presidente Fondazione per il tuo cuore -. In particolare, quest’anno abbiamo privilegiato la sensibilizzazione dell’opinione pubblica con l’operazione “Truck Tour Banca del Cuore”, portando le nostre Cardiologie e i laboratori analisi direttamente a casa dei cittadini grazie a un jumbo truck attrezzato che abbiamo posizionato nelle piazze di 36 città d’Italia, svolgendo migliaia di screening cardiologici gratuiti».
Fattori socio-economici
Analizzando i dati di diversi Paesi, infatti, è stato dimostrato che i fattori socio economici e psicosociali influenzano il rischio di malattia cardiovascolare in modo indipendente e, oltre a determinare un aumento del rischio, possono ostacolare l’aderenza alla terapia. Fra questi fattori ci sono il livello socio-economico, l’isolamento sociale e la mancanza di supporto sociale, lo stress lavorativo e familiare, la depressione e l’ostilità. «È dimostrato anche che questi aspetti non si presentano singolarmente – dice Simona Giampaoli, direttore del Dipartimento malattie cardiovascolari dismetaboliche e dell’invecchiamento dell’ISS -, ma tendono a riunirsi: abitudine al fumo, alimentazione inappropriata, inattività fisica si accompagnano spesso a depressione, povertà e basso livello di scolarità».
Il nostro stato di salute
È frutto dell’attività del Dipartimento malattie cardiovascolari dell’ISS la nuova piattaforma CuoreData, il sistema di interrogazione dati del Progetto Cuore, dedicata agli operatori, che mette a disposizione le statistiche relative allo stato di salute della popolazione italiana adulta e che permette di effettuare interrogazioni personalizzate per periodo, territorio, sesso, fasce di età e titolo di studio. Infatti, all’interno di ciascun Paese, maggiori sono le disuguaglianze interne e maggiori le differenze di salute fra i cittadini più in alto nella scala sociale e coloro che sono più in basso. Quando i fattori di rischio raggiungono una distribuzione così elevata, l’azione sui singoli individui non è più sufficiente e deve essere accompagnata da azioni di comunità incisive che riguardino tutta la popolazione. Sono sempre le misure preventive, accompagnate da trattamenti farmacologici quando necessari a livello individuale, in grado di contrastare i fattori di rischio e di promuovere comportamenti e stili di vita sani.
I 4 cardini della salute
Alimentazione varia e bilanciata (con pochi grassi saturi, colesterolo, sale e zuccheri, molta verdura e frutta, legumi, cereali e pesce), attività fisica (almeno 150 minuti a settimana), stop al fumo e limitato consumo di alcol sono i 4 obiettivi da raggiungere. Il Ministero della Salute sta portando avanti accordi con l’industria alimentare per la riduzione del consumo di sale, il miglioramento dell’alimentazione nella ristorazione e l’aumento dell’attività fisica. Mantenere i fattori di rischio bassi nel corso della vita preserva dalle malattie cronico-degenerative, fa guadagnare anni di vita e riduce la spesa sanitaria. Il numero degli eventi cardiovascolari che si verificano potrebbe essere ridotto, così come la gravità.
Fibrillazione atriale
Per esempio, è stata dimostrata una stretta relazione tra l’incidenza di fibrillazione atriale e il livello di attività fisica. L’attuale tecnologia associata ai dispositivi cardiaci impiantabili permette di ottenere dati giornalieri affidabili in termini di episodi di fibrillazione atriale e di ore dedicate all’attività fisica anche a lungo termine (anni). Analizzando i dati giornalieri raccolti da dispositivi cardiaci impiantabili per tre anni e mezzo in più di mille pazienti, è stato dimostrato che maggiore è il numero di ore di attività fisica moderata, minore è l’incidenza della fibrillazione atriale. Non è possibile stabilire la relazione di causa/effetto di questo fenomeno; tuttavia la significativa correlazione inversa tra i due dati suggerisce che l’attività fisica può essere considerata un indicatore importante nella valutazione del rischio di sviluppare fibrillazione atriale. (corriere.it)