Sanità, boom delle malattie veneree a Bologna: sifilide più 400 per cento
Dai primi anni 2000 a oggi a Bologna si è registrata una impennata delle infezioni sessualmente trasmissibili. Per malattie come sifilide, clamidia e gonorrea ogni anno si contano tra i 100 e i 300 nuovi casi, con un aumento rispetto a 15 anni fa anche del 400 per cento (per la sifilide, ad esempio). I dati sono emersi nel corso della commissione Sanita’ del Comune di Bologna. A fornire i numeri è Antonietta D’Antuono, responsabile del centro malattie sessualmente trasmissibili del dipartimento di dermatologia del Policlinico Sant’Orsola. Al centro si rivolgono circa 3.500 persone ogni anno come primo accesso. «La sifilide — riferisce D’Antuono — dai primi anni 2000 a oggi è aumentata del 400%» e oggi si attesta tra i 100 e i 120 nuovi casi all’anno. «Per la maggior parte si tratta di uomini — spiega la responsabile del centro — con una maggiore incidenza tra gli omosessuali».
Clamidia e gonorrea
Allo stesso modo sono aumentate anche altre malattie veneree: si parla di circa 300 casi all’anno di clamidia, per lo più donne, e di 170 casi di gonorrea. I picchi si registrano tra i ragazzi tra i 18 e i 25 anni e negli uomini dai 50 anni in poi. Per questo, suggerisce D’Antuono, «la prevenzione dovrebbe uscire dalle scuole e dagli ospedali» e raggiungere fasce di popolazioni diverse che rimangono scoperte. «Bisogna stare attenti a tutte le sfaccettature», avverte. L’aumento delle diagnosi per malattie veneree, spiega ancora D’Antuono, da un lato e’ dovuto al fatto che «ci sono piu’ persone che si fanno visitare. E questo è positivo». Ma c’e’ naturalmente anche il lato negativo, ovvero che «c’e’ scarsa informazione su queste malattie e poca paura delle infezioni. Non se ne sente parlare». Il che è legato anche un calo di attenzione verso il rischio Hiv, sostiene D’Antuono.
Le terapie
«Oggi che per fortuna ci sono terapie che funzionano — afferma — se ne parla meno e quindi ci si preoccupa di meno». Tra gli utenti del centro, aggiunge la responsabile, «il 50% dichiara di non usare alcun tipo di contraccettivi e solo l’8% dice di utilizzare sempre il preservativo». Il problema e’ che «anche dei profilattici si parla poco e in pochi lo usano. Molti non considerano a rischio i rapporti orali e anali, perché c’è l’abitudine a pensare che il rischio sia legato a una gravidanza indesiderata». Inoltre, solo il 70 per cento di chi ha una diagnosi di malattia venerea accetta di fare anche il test Hiv. «E’ una percentuale molto bassa», segnala D’Antuono. (Corrieredibologna)