Forti dolori muscolari, anni per la diagnosi: le sofferenze dei malati di fibromialgia
Ma quali sono i tratti tipici della fibromialgia? Ne parliamo con il professor Carlo Selmi, Responsabile di Reumatologia e Immunologia Clinica dell’ospedale Humanitas e docente dell’Università degli Studi di Milano
Non c’è infiammazione
Prima di definire ciò che è la fibromialgia è bene dire ciò che non è: «Non si tratta di una malattia autoimmune o infiammatoria che colpisce le articolazioni, i tessuti connettivi o l’apparato muscolare. È un disturbo che causa forti dolori muscolari in diverse parti del corpo, con disturbi del riposo notturno e difficoltà di concentrazione e memoria», spiega il professor Selmi. I contorni della fibromialgia sono stati definiti negli anni e sono ancora oggetto di ricerca. Fino a qualche decennio fa la condizione era spesso misconosciuta ma ancora oggi sono necessari in media 2-3 anni e circa 4-5 visite specialistiche prima di arrivare ad una diagnosi. Come caso limite, Lynne Kennedy Matallana, fondatrice della National Fibromyalgia Association negli Stati Uniti, racconta di aver consultato trentasette medici in due anni prima di aver trovato uno specialista in grado di inquadrare correttamente il suo dolore cronico.
Dolore, scarsa concentrazione e insonnia
Il dolore interessa tutte le aree del corpo: «Il dolore è diffuso e può migrare da parte a parte ma colpisce sia la parte superiore sia quella inferiore del corpo. Spesso è più intenso al mattino. Oltre a questo – aggiunge lo specialista – il paziente può avvertire un profondo senso di fatica sempre presente, disturbi del sonno che risulta poco ristoratore, disturbi cognitivi come difficoltà a concentrarsi, ansia o depressione, ma anche disturbi gastrointestinali come reflusso gastroesofageo o sindrome dell’intestino irritabile, fino a disturbi a urinare e dolore mascellare».
Giovani donne più a rischio
Più che dei pazienti bisogna riferirsi alle pazienti. Sebbene la fibromialgia sia un’affezione che può colpire entrambi i sessi, è il genere femminile quello più colpito; come ricorda il National Institute of Health americano almeno l’80-90% delle persone colpite da questo disturbo sono donne. «Spesso si manifesta in età adulta, verso i 30/40 anni, ma può anche essere diagnosticata nell’adolescenza o in età più avanzata».
Le cause: stress fisico o un trauma
Le cause non sono note. La ricerca ha indicato una predisposizione genetica e l’esistenza di possibili fattori scatenanti che determinerebbero l’insorgenza del disturbo in cui il sistema nervoso centrale riveste un ruolo fondamentale. Tra questi molte persone riconducono la comparsa dei sintomi ad un rilevante stress fisico o un trauma come un incidente automobilistico, la perdita del lavoro o un problema familiare ma occorre ricordare come la fibromialgia possa coesistere con altre malattie reumatiche che causano dolore come l’artrite reumatoide, che allo stesso modo colpisce giovani donne. L’Arthritis Foundation, Stati Uniti, stima un 20-30% di pazienti con artrite reumatoide colpiti anche da fibromialgia.
La difficoltà della diagnosi
Proprio la valutazione dei sintomi è fondamentale per arrivare a fare la diagnosi, che resta una “sfida” per la classe medica, come ribadiscono gli autori di uno studio pubblicato sul British Medica Journal nel 2017. Le caratteristiche dei sintomi, del dolore cronico, a cominciare dalla localizzazione, dal suo grado di intensità, e dalla durata (ultimi tre mesi) orientano il medico nella diagnosi: «Non ci sono esami strumentali con cui diagnosticare la fibromialgia. Tuttavia vi si può ricorrere per escludere la presenza di altre condizioni che potrebbero essere alla base della sintomatologia, a cominciare dai sintomi associati all’ipotiroidismo per finire a malattie reumatiche infiammatorie come l’artrite reumatoide o il lupus. Nella nostra esperienza le persone affette da fibromialgia vengono sottoposte nel tempo a un numero elevato di indagini, spesso anche invasive, senza che si ottenga un risultato utile».
Farmaci e dolore
Non esiste ad oggi una cura che risolva la fibromialgia. Esistono però forme di trattamenti sia farmacologici sia di altro tipo per poter contenere l’impatto della condizione sulla qualità di vita. La Food and Drugs Administration, l’autorità regolatrice del settore farmaceutico statunitense, ha autorizzato dal 2007 tre farmaci per la fibromialgia. Due agiscono sui neurotrasmettitori per la gestione del dolore, il terzo inibisce l’iperattività delle cellule nervose coinvolte sempre nella trasmissione del dolore. Il ricorso agli antinfiammatori è scoraggiato anche perché poco efficace a meno che non sia presente una patologia autoimmune come l’artrite.
Un po’ di movimento
Il dolore è cronico, la condizione è debilitante ma grazie alla modifica dello stile di vita e al ricorso ad altre forme di trattamento è possibile gestire i sintomi e convivere, nei limiti del possibile, con la fibromialgia. «Un comportamento che dev’essere evitato è la sedentarietà. L’attività fisica, a bassa intensità, graduale e compatibile con le proprie condizioni di salute, si è rivelata efficace nel miglioramento dei sintomi della fibromialgia», dice il professor Selmi. «Chi presenta questa affezione deve sfruttare qualsiasi occasione utile per muoversi, ad esempio con una camminata veloce ogni giorno, deve inoltre cercare di rilassarsi, provare a ridurre i livelli di stress e seguire una routine del sonno. Pertanto sarebbe meglio ridurre l’apporto di caffeina e naturalmente non fumare: anche la nicotina ha infatti un effetto eccitante. Godere di un sonno ristoratore è essenziale per limitare il dolore cronico».
Mente e corpo
Sui trattamenti complementari non c’è ancora consenso e le indicazioni degli esperti sono contrastanti. L’American College of Rheumathology ha indicato come possibili terapie benefiche in caso di fibromialgia anche lo yoga e soprattutto il Tai-chi, la terapia cognitivo-comportamentale e una forma di meditazione come la mindfulness sempre per una migliore gestione dei sintomi, del dolore e dell’impatto che lo stress o i disturbi dell’umore possono avere su questi. Il National Center for Complementary and Integrative Health degli Stati Uniti parla a tal proposito di risultati incoraggianti dalla ricerca ma di evidenze scientifiche ancora limitate per poter considerare utili questi approcci. Anche sull’agopuntura non si è arrivati a una conclusione definitiva mentre la supplementazione di vitamina D potrebbe aiutare nel trattamento del dolore in caso di carenza di questo micronutriente. (Corriere della sera)