Grazie ai neuroni specchio, il «prestigiatore» cura il cervello
(di Gianni Santucci per Corriere.it) – Il mago veste elegante. Giacca nera. Piccolo tavolo davanti, fondo blu, qualche stellina. Mostra l’esercizio. Più volte. È un «corso» per diventare prestigiatori. Il bambino guarda la Tv, vede il mago, osserva i suoi gesti, prova a imitarli; poi sullo schermo, più avanti, il bambino vedrà se stesso (grazie a una piccola video camera, un rilevatore di movimento); e a fine sessione si troverà di fronte un altro bambino (collegato via internet da casa sua, grazie al Cloud). Osservare, ripetere. E dunque specchiarsi: nel mago, in se stessi, nell’altro bambino. C’è un’elaborazione sulla più importante scoperta delle neuroscienze negli ultimi decenni, quella dei «neuroni specchio», dietro questa terapia di riabilitazione.
Unica, sperimentale, sviluppata con l’Istituto di neuroscienze del Cnr di Parma e con il professor Giacomo Rizzolatti. Per bambini che hanno avuto danni al cervello quando erano molto piccoli, con un impatto sul movimento. Una terapia che si fa in casa. Con la famiglia. Come un gioco. L’innovazione tecnologica. L’impresa sociale. In questa storia è una sorta di agonismo col sorriso che le tiene insieme. Lo racconta prima di tutto il nome dell’associazione, FightTheStroke. Fight: combattere. Stroke: l’ictus, come quello che venne diagnosticato dopo dieci giorni di vita al presidente onorario dell’associazione, il piccolo Mario, 6 anni, figlio dei due fondatori, Francesca Fedeli e Roberto D’Angelo.
I neuroni specchio
Cosa sono i neuroni specchio? In parole molto semplici, se guardate una persona che afferra un oggetto, il vostro cervello attiva esattamente gli stessi neuroni che attiverebbe se foste voi a fare quell’azione. La speranza di riabilitazione passa da lì: allenare quei neuroni, stimolare la plasticità del cervello, per compensare la parte danneggiata responsabile della paralisi o delle difficoltà più o meno gravi nel movimento. Di fatto, oggi, per i piccoli con quei problemi, è l’unica speranza: «Mia figlia ha 5 anni e mezzo – racconta Valentina Robuschi – e sostanzialmente quando aveva due anni le strutture pubbliche hanno detto “basta, si può fare ancora un po’ di fisioterapia, nulla di più”. E allora, come genitore, inizi a cercare altro, a chiederti come puoi andare oltre. L’associazione l’abbiamo conosciuta col passaparola. All’inizio ero diffidente sui gruppi di genitori, pensavo fossero un modo per alimentare illusioni. Invece ho scoperto che il supporto è importante».
Mirrorable
FightTheStroke è anche questo, all’inizio: incontro, condivisione, comunità. E però è anche molto altro: approccio «manageriale», legami con l’avanguardia della ricerca scientifica e medica, fino all’elaborazione della terapia, che è poi la piattaforma Mirrorable, progetto sperimentale partito all’inizio di quest’anno con i primi 50 bambini. La figlia di Valentina Robuschi ha completato il suo mese «con il mago» qualche tempo fa: «All’inizio è stato un po’ faticoso, anche perché c’è un aspetto emotivo importante: al momento di ripetere gli esercizi e vedersi sullo schermo, la bambina si “specchiava”, aveva un feedback sul suo movimento e le sue difficoltà. Quel lavoro sui neuroni specchio è stato per lei anche uno specchio della consapevolezza». È un concetto che si moltiplica. Roberto D’Angelo, durante il primo intervento alla «Ted conference» del 2013, l’ha raccontata così: «Mentre facevamo vedere a Mario il gesto di afferrare un oggetto, dopo tante e tante volte, ci siamo accorti che Mario non guardava più l’oggetto, ma guardava noi. Noi eravamo il suo specchio. E in quella fase eravamo depressi. Da lì abbiamo cambiato approccio». La storia di FightTheStroke è iniziata allora. Grinta. Sorriso.