Instabilità di caviglia

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Proviamo a immaginare l’articolazione della caviglia come la vite che tiene assemblate le parti di una marionetta, nel nostro caso le ossa della gamba con quelle del piede. Cosa succederebbe se questa vite si allentasse? Pian piano le due estremità inizierebbero a traballare, muoversi eccessivamente fino addirittura a dislocarsi. Per fortuna il nostro sistema muscolo-scheletrico prevede dei vincoli ulteriori nelle articolazioni: muscoli, tendini e legamenti. Ed ecco perché la lesione di questi componenti costituisce il venir meno dei freni articolari (lassità articolare) e l’instaurarsi di una situazione di pericolosa instabilità.

Esistono condizioni che determinano un aumentato rischio di sviluppo di tale problematica, tra le quali la principale è proprio l’aver subito una precedente distorsione. A questa si aggiungono fattori che dipendono dalle caratteristiche del nostro fisico: alterazioni meccaniche o strutturali del piede (piede cavo-varo), ridotta flessibilità di caviglia, debolezza e affaticamento muscolare, problemi posturali o della propriocezione. E fattori cosiddetti “estrinseci”, in particolare: le condizioni del campo di gioco, superfici erbose in condizioni scadenti, irregolari o scivolose, rappresentano situazioni ad aumentato rischio, oltre a errori nella scelta delle calzature sportive rispetto alla superficie di gioco.

Nella maggior parte dei casi, il calciatore riferisce distorsioni ricorrenti durante la pratica sportiva e perfino nella vita quotidiana. Conseguenza quindi è la cronicizzazione del dolore e la percezione di un’importante sensazione di cedimento e, appunto, instabilità limitante la pratica sportiva.

Previa valutazione medica per conferma del quadro clinico di instabilità cronica, il progetto riabilitativo è sovrapponibile a quello visto per le lesioni acute, rispetto al quale però l’attenzione verrà prevalentemente posta sull’allenamento delle capacità di coordinazione e controllo neuro-muscolare. Quante volte abbiamo sentito, durante le telecronache calcistiche, l’espressione “si è coordinato in un fazzoletto!” riferendosi a un gesto tecnico particolarmente rapido e preciso. Proprio questa abilità, che nei grandi campioni è spesso innata ma che può essere allenata e sviluppata in ciascuno di noi, può esemplificare il concetto di controllo neuro-muscolare: la capacità di percepire e programmare il movimento del corpo in maniera quasi automatica, armoniosa, per ciascun segmento corporeo, articolazione e muscolo. La finalità di questo allenamento specifico è la creazione di “riflessi” stabilizzanti e quindi protettivi sull’articolazione stessa all’interno della gestualità calcistica.

In questo consiste la “rieducazione propriocettiva”: ad esempio esercizi di mantenimento dell’equilibrio dinanzi allo specchio, a occhi aperti e chiusi, in appoggio mono o bipodalico, su tavolette propriocettive o sulle cosiddette pedane stabilometriche instabili. Esercizi di coordinazione gesto-specifica, per esempio nella corsa, nel salto, nel calciare la palla o nei cambi direzionali.

A questa tipologia di trattamento, si associa il potenziamento specifico dei muscoli più deboli (tipicamente i dorsiflessori e inversori-eversori), ricordandoci che il deficit, anche di un solo muscolo, rispetto agli altri determina un disequilibrio globale e della funzione, per cui gli effetti negativi si ripercuotono su tutta la caviglia.

Gli obiettivi consisteranno dunque nell’assicurare al calciatore l’individuazione del corretto gesto atletico per evitare l’istaurarsi di uno schema di movimento alterato, in grado di indurre nella caviglia continue sofferenze muscolo-tendinee e prevenire lo sviluppo di ulteriori recidive. Questa “riprogrammazione” permetterà al giocatore il recupero di una profonda percezione della posizione articolare, che gli permetterà di gestire in maniera pressoché automatica e spontanea i movimenti della caviglia nelle varie situazioni di gioco, in particolare nella fase di appoggio del piede al suolo. Fondamentale sarà anche eliminare la sensazione soggettiva di fragilità dell’articolazione e la paura del re-infortunio, step decisivi da conseguire prima di consentire il ritorno agonistico.

Da queste considerazioni risulta evidente l’importanza che assume la prevenzione di eventi distorsivi se si vuole evitare la comparsa di instabilità cronica della caviglia e salvaguardare la carriera del calciatore. (Allfootball.it)