Scoperto «grilletto molecolare»dell’artrite reumatoide

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Scoperto un «grilletto molecolare» dell’artrite reumatoide che attiva la sintesi di anticorpi nocivi nell’organismo dei pazienti e amplifica processi infiammatori patologici. La ricerca è stata pubblicata sull’ultimo numero della prestigiosa rivista Nature Communications. Gli autori dell’importante studio, che potrebbe aprire anche nuove prospettive terapeutiche per i malati, sono ricercatori della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma, in collaborazione con l’Università di Glasgow.

La scoperta è frutto del lavoro dei reumatologi Stefano Alivernini e Barbara Tolusso coordinati dal professor Gianfranco Ferraccioli, ordinario di Reumatologia alla Cattolica e direttore del Polo di Scienze Reumatologiche, Dermatologiche, Immuno-Allergologiche, Urologiche e Nefrologiche del Policlinico A. Gemelli. L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria progressiva con una incidenza tra lo 0.5 e l’ uno per cento della popolazione. Interessa primariamente le articolazioni e coinvolge tutti gli organi e apparati causando un aumento di morbidità (malattia) e la riduzione dell’aspettativa di vita. Affligge più frequentemente le donne, insorgendo più spesso nella quarta-quinta decade di vita. La base della malattia è una reazione “autoimmunitaria”, durante la quale cellule di difesa – linfociti T e linfociti B – normalmente deputate a riconoscere ed eliminare agenti infettivi – si rivoltano contro lo stesso organismo e generano infiammazione distruttiva diretta contro le articolazioni e gli organi interni del paziente, nonché producono anticorpi (i cosiddetti autoanticorpi) patologici che attaccano a loro volta le articolazioni. In questa ricerca, che è il proseguimento di studi su specifiche sottopopolazioni delle B cellule, si è cercato di comprendere come vengono attivate le cellule immunitarie B, ovvero quelle che producono gli autoanticorpi e come sia possibile frenarle, evitando dunque la produzione di autoanticorpi e i processi infiammatori deleteri che da essi conseguono.

Studiando campioni biologici di oltre 60 pazienti, gli esperti hanno scoperto che la “chiave di volta” della malattia è il micro-RNA155 (miR155): hanno visto che questa molecola è in grado di attivare le cellule B di memoria (oltre ai monociti-macrofagi) e farle divenire patogene. Inoltre gli scienziati hanno scoperto che miR155 è a sua volta attivato da altre molecole infiammatorie, come CD40L, IL6, BAFF, IL21. E non è tutto, i ricercatori hanno anche dimostrato che, quando presente in eccesso, questo microRNA riduce la espressione (presenza) di una importante molecola anti-infiammatoria chiamata Pu-1. Ridurre la espressione di Pu-1 significa aumentare l’infiammazione. Infine gli scienziati hanno visto che bloccando miR155 attraverso una molecola specifica, fornita dai ricercatori dell’Università di Glasgow, è possibile spegnere l’infiammazione determinando l’aumento di Pu-1, che è, appunto, un potente inibitore dell’ infiammazione. «Il lavoro – sottolinea il professor Ferraccioli, – è durato 5 anni ed ha richiesto lo studio di vari campioni (oltre a cellule del sangue e cellule del liquido articolare) di cellule del tessuto sinoviale ottenuti attraverso biopsie sinoviali mirate, e la collaborazione di oltre 60 pazienti che hanno acconsentito a essere studiati nel tempo, prima e durante le terapie». «La scoperta di questa possibile via di controllo della malattia apre nuovissime prospettive terapeutiche e soprattutto insegna che il controllo della infiammazione prodotta dalle cellule B che producono gli autoanticorpi nocivi -, conclude il reumatologo dell’Università Cattolica – è realmente possibile senza usare farmaci o chemioterapici che abbattono le cellule B».

[Fonte http://www.corriere.it/salute/reumatologia/16_ottobre_06/scoperto-grilletto-molecolare-5697501c-8bb9-11e6-8000-f6407e3c703c.shtml]